Questo blog è nato almeno due anni fa. Nella mia mente solo, in realtà. E forse riesce a concretizzarsi ora, forse no, però voglio almeno darmi l'opportunità di provarci. Origina dalla solitudine profonda, sconfinata che ho provato quando mi sono resa conto che il mio bambino era diverso dagli altri. Dall'imbarazzo che leggo negli occhi delle persone quando lui ha dei comportamenti che risultano anomali in pubblico. Dalla paura e il disagio che provo quando penso che non so come evolverà. Dalla pena che provo per lui perché so che vivere è difficile per chiunque e che la sua strada sarà di certo più ripida di altre. Dalla lotta quotidiana intrapresa con la sanità, ma anche con la scuola e perfino con suo padre. Una vicina di casa del miei genitori, che conosco da quando ero bambina e che è madre di un figlio gravemente disabile, mi ha detto un giorno: "Non scoraggiarti. Ogni mattina, ricordati di indossare l'elmo ed esci a combattere". Ecco, forse l'elmo non basta, ci vuole anche l'armatura, almeno a metà, quanto basta per proteggere il cuore, lo scudo grande, per difendere lui e sua sorella, oltre che me stessa e qualche volta anche la spada. Che non guasta. Preferisco l'idea dell'elmo a quella di molte poesie in cui madri di figli con difficoltà si pregiano quasi di aver avuto questa opportunità. Per quanto mi riguarda, sarà che il mio senso di fede è fermo al cantiere con la scritta work in progress, non mi ritengo in alcun modo fortunata, non trovo alcuna consolazione né adrenalina nell'accogliere questa sfida. Fortuna è avere bambini sani, che scoprono il mondo da soli, che imparano a camminare e parlare in tempi giusti, spontaneamente. A me è capitato lui. Meraviglioso e a tratti incomprensibile. Un passetto alla volta, con grande fatica. E l'unica speranza, l'unica forza è l'idea che, finora, non ci siamo mai fermati. E farò tutto quanto in mio potere per riuscire ad andare avanti. Sempre. Però non mi nascondo. Non lo nascondo. Non me ne vergogno. E' così, qualcosa si è inceppato in qualche punto. La gravidanza è stata splendida, io non bevo e non fumo, non l'ho mai fatto. Giordano è stato desiderato e amato. Giordano non ha niente che non vada biologicamente. Gli esiti di tutti gli esami sono in ordine. Eppure non è un bambino come gli altri. E molto probabilmente non lo sarà mai. Questa è la situazione. E da qui si parte. Con tutta la serenità di cui siamo capaci. E se qualche accenno alla nostra esperienza può servire a qualcuno a sentirsi meno solo o anche solo a sapere che da qualche parte nel mondo qualcuno combatte la sua stessa battaglia, a noi fa piacere.

martedì 30 dicembre 2014

Ecco il mio post odierno su Facebook, ben diverso da quello di venerdì. Evviva!!!
"Questa mattina ho parlato col Sindaco. Mi ha rassicurata e promesso che questa situazione difficile sarebbe stata risolta a breve. Poche ore dopo mi ha richiamata, dicendomi che dopo un confronto con il Dirigente e il Provveditorato, è stato deciso che per un mese ancora resti l'insegnante supplente, intanto che la Scuola prende in mano le sorti dell'insegnante di sostegno titolare, la quale - mi ha garantito - non tornerà nel plesso di mio figlio. Poi non so se arriverà un'a...ltra insegnante o se, come spero, resterà la supplente che c'è ora. Obiettivo raggiunto. Se il mio bambino potrà finire l'anno con i suoi compagni e delle insegnanti capaci che lo seguano, io non potrò che essere felice. Spero, però, che il "problema" sia risolto davvero e non solo spostato a un'altra scuola o al prossimo anno scolastico. Resta l'amarezza di sapere che se avessi sollevato il polverone prima, senza cercare di risolvere la questione pacificamente e diplomaticamente solo con chi di dovere e non ricorrendo ad altre Autorità, Riccardo sarebbe potuto stare in classe in tutti questi mesi. Sembra che si debba per forza alzare la voce per farsi sentire.
Grazie, Sindaco, perché vuol dire che c'è qualcuno che ancora ascolta le voci e non solo le urla. Ma soprattutto grazie a tutti voi, che sostenendomi, incoraggiandomi, diffondendomi, dandomi numeri di telefono, nomi, mail, dritte, idee avete reso questa piccola giustizia possibile."

venerdì 26 dicembre 2014

Mille anni che non scrivo a causa del casino che vi copio sotto.....Non scrivo neanche ora, non ho più enegie, solo bestemmie, direbbe qualcuno.Io nemmeno quelle, tanto schifo
Ecco la lettera che ho scritto al Dirigente Scolastico della scuola di mio figlio in data 30 ottobre 2014:
“Giordano è iscritto presso il citato istituto dall’anno scolastico 2012-2013 e, a partire da allora, è certificato. Al momento la sua diagnosi è di ritardo cognitivo con sfumature di autismo. Negli anni passati, si sono succedute due insegnanti di sostegno che, seppur molto diverse tra loro, hanno saputo contribuire notevolmente allo sviluppo delle potenzialità di mio figlio che a scuola è sempre andato sereno e tranquillo. Il suo disturbo lo porta ad avere difficoltà di relazione, ma è fortunatamente stato inserito in una classe bella, di bimbi cui di certo è stato spiegato, sia a scuola che a casa, che la atipicità di Giordano non doveva impedire loro di avvicinarsi a lui, di cercarlo, di giocare con lui. Infatti non è mai stato escluso da nessuna attività od occasione di incontro, né a scuola, né fuori dall’orario scolastico. E’ inoltre seguito, a partire dall’anno scolastico 2013-2014, da un Centro per l’Autismo e anche la dottoressa, che collabora col centro, ha contribuito molto a creare un clima di collaborazione e comunione di obiettivi tra casa, scuola e centro stesso: questo ha portato Giordano a raggiungere in breve tempo gli obiettivi posti e ad andare avanti. Al centro si reca ogni giovedì e ha quattro ore consecutive di attività con quattro diversi terapisti, cui affianchiamo una educatrice che viene a casa nostra per due o tre ore alla settimana e per il resto del tempo lavora con i genitori o i nonni per raggiungere gli obiettivi.
L’insegnante che è venuta quest’anno, è apparsa fin da subito diversa rispetto a chi l’ha preceduta: non mi ha, ad esempio, mai chiesto nulla né della disabilità di mio figlio, né delle terapie in atto, né dei suoi gusti personali, né di cosa potevo eventualmente suggerire per catturare la sua attenzione. Non mi ha mai chiesto nulla.
In compenso, più volte, quando sono andata a riprenderlo, alle 13.30 mi ha detto che era stato nervoso, che era stato agitato. In più occasioni mi ha detto:”Non so cosa fare con lui” oppure”Suo figlio mi avrà tolto la coda venti volte oggi”. Ho provato a interessarmi, le ho riferito che l’insegnante che l’aveva preceduta lavorava spesso al computer con Giordano , le ho detto che c’erano le casse per l’audio che io stessa ho fornito alla scuola nella stanza dei computer. Le ho detto che avrebbe avuto l’opportunità di andare al Centro per l’Autismo per vedere come lavorano i terapisti conGiordano , ho chiesto alla maestra dell’anno passato di venire a “passarle le consegne”, ma tutto ciò non ha in alcun modo stimolato la sua curiosità o fatto in modo che si attivasse in alcun modo. Richiesta qualche volta su che attività avesse proposto a Giordano, una volta mi ha risposto che avevano giocato a “cu-cù”,un’altra che avevano letto un libro di Peppa Pig dei suoi bimbi che lei stessa aveva portato a scuola. Giordano ha delle evidenti difficoltà, ma sia al centro che a casa sta lavorando su pre-grafismo, imparando lettere e numeri, costruendo frasi complesse, lavorando con associazioni, immagini, pecs, può essere stimolato a fare altro dal giocare a “cu- cù”.
Lei è dall’anno scorso perfettamente a conoscenza del fatto che io ho scelto, con sacrificio, in quanto madre di due figli separata e lavoratrice, di non lasciareGiordano  a scuola fino alle 16 perché ciò avrebbe voluto dire richiedere per Giordano un’assistente, oltre all’insegnante di sostegno per coprire il monte ore. Io so che all’assistente non è richiesta alcuna specializzazione e allora Le avevo espresso decisa la mia volontà di avere solo l’insegnante di sostegno in quanto volevo che mio figlio fosse seguito da persone qualificate. Sono anni importanti per la crescita e lo sviluppo di ciascun bambino, per lui sono anni in cui lavorare duro per aiutarlo a trarre il meglio dalle sue potenzialità. Non possiamo permetterci, per il suo bene, di perdere tempo visto che è un bambino il cui sviluppo finora non ha avuto battute d’arresto, ma solo piccoli, importanti, passi in avanti. Pare evidente che questa insegnante non sia formata, almeno di certo non per quanto riguarda la disabilità di mio figlio che non è “agitato”, ma iperattivo, non è “nervoso”, ma esistono precise strategie per catturare e mantenere alta la sua attenzione. Ma io so che le risorse ora sono contate e che non è facile pensare di avere un’insegnante qualificata, ci sono delle graduatorie, non si sceglie. Allora ero decisa a venire a parlare con Lei per chiederLe l’autorizzazione a far andare a scuola, pagata da me, l’educatrice che segue Giordano nel pomeriggio, di modo che potesse far vedere alla maestra di sostegno come si lavora con dei bambini come mio figlio. A chiederLe l’autorizzazione a far andare l’insegnante al Centro per l’Autismo e a far venire a scuola la dottoressa più spesso di modo da aver un maggior controllo sulla situazione.
Ero decisa a fare tutto questo fino a quando sono capitati alcuni episodi sgradevoli che mi hanno fatto cambiare idea:il primo è che in almeno due occasioni sono andata a prendere  Giordano a scuola, lui mi è corso incontro, salito in braccio e mi ha abbracciata forte (altro tratto piuttosto comune all’interno dello spettro autistico) e la maestra gli ha urlato forte con me davanti :”Giordano devi fare piano!”.Lì per lì non ho reagito, per non peggiorare la situazione, lei appare già tesa, nervosa, ho pensato che poi passa del tempo con il mio bambino, non volevo ci fossero ripercussioni su di lui se io l’avessi in qualche modo affrontata e ripresa. In due occasioni sono andata a prenderlo e appariva fuori controllo, agitato, correva via, ho dovuto inseguirlo per il giardino, un atteggiamento totalmente anomalo per mio figlio. Piano piano ha iniziato a piangere mentre al mattino ci dirigevamo verso la scuola e a manifestare segni di disagio. A piangere frequentemente senza apparente ragione, a venire ogni notte nel mio letto, evento mai successo prima. A dire che non andava a scuola. Ma ho pensato fosse una fase di passaggio fino a quando venerdì 17 ottobre mia mamma, mi ha riferito, dopo essere andata a prendere Giordano  a scuola, di aver trovato sia lui che la maestra in evidente stato di agitazione. Ha riferito ed è pronta a sottoscriverlo che la maestra  tremava,che ha detto che il bambino era stato tremendo , che non sapeva cosa fare, che aveva provato a misurargli la febbre perché piangeva e non era riuscita nemmeno a fare quello.Giordano, dal canto suo, appena uscito dal cancello della scuola le è scappato nel vicino cancello dell’ex-segreteria didattica e lei ha dovuto corrergli dietro per recuperarlo. Non era mai successo prima di allora. Il giorno successivo 18 ottobre 2014 vengo avvicinata, durante la festa di compleanno di una compagna di Giordano da due mamme che, non senza imbarazzo, mi confidano due scene cui avevano assistito il giorno prima a scuola, tra Giordano e la maestra, e che probabilmente spiegano il successivo comportamento di mio figlio. Mio figlio non si reca a scuola da quel giorno. In allegato, trova copia di una delle due dichiarazioni. A breve conto di farLe avere anche l’altra.
Io non metto in discussione la preparazione di nessuno, ma Lei stesso mi ha detto che la stessa maestra ha lamentato davanti a Lei di sentirsi inadeguata al ruolo che ricopre. Io ritengo in assoluto che non sia la persona giusta per mio figlio, che tra l’altro non ha mai avuto difficoltà ad accettare nessun adulto gli sia stato affiancato finora e, a causa della sua disabilità, non sono stati pochi. Penso altresì che se non sono riusciti a instaurare un rapporto positivo durante questo mese trascorso, sia difficile che ci riescano in seguito. Io stessa insegno, so che spesso le graduatorie per il sostegno si esauriscono e i docenti vengono chiamati da graduatorie altre. Insegno lingue alle scuole secondarie inferiori e superiori, non mi è mai capitato di essere contattata per il sostegno, ma so che se capitasse, sapendo che parto da una mancanza di specializzazione, mi porrei un problema di coscienza prima di accettare. E se, alla fine, e decidessi di accettare, mi dedicherei ai ragazzi con ogni mia energia, sopperendo alla mancanza di preparazione, con curiosità, con scambi con famiglia ed educatori e soprattutto reperendo più informazioni possibili sulla patologia dei ragazzi e sulle strategie di insegnamento. Non penso sia ammissibile nel 2014, con uno strumento importante come la rete a nostra disposizione, e con la massima disponibilità da parte della famiglia, del Centro, della maestra della classe e della maestra che l’ha preceduta, giocare a “cu-cù”o non sapere cosa fare con un bambino di cinque anni. Forse non sa cosa fare con lui perché non conosce la sua patologia. Avrebbe potuto chiedere, le occasioni non sono di certo mancate.
Ho pensato a lungo alla Sua richiesta di darLe due settimane affinchè Lei possa affiancare alla maestra delle persone e fare la Sua osservazione. Io, dal canto mio, forse ho sbagliato a non venire da Lei prima, ma ho deciso di dare tempo e fiducia a una persona che per me rappresenta la scuola. Ora non posso permetterLe purtroppo di fare l’osservazione a spese di mio figlio che dopo due settimane a casa sta a poco a poco tranquillizzandosi. Come madre, dopo aver avuto esperienza di urla ed essermi stato riferito di strattonamenti e metodi poco corretti nei confronti di mio figlio che non è, peraltro, in grado di difendersi, neanche riferendomi l’accaduto, visto che la sua produzione verbale è ancora scarsa, non mi sento di poter fare la scelta di portarlo a scuola fintantoché la situazione rimane quella attuale. Penso di essere stata abbastanza disponibile a sorvolare sulla scarsa preparazione dimostrata, sulla scarsa volontà di fare alcunché per prepararsi, ma non posso sorvolare su voci e mani alzate. Non potrei sorvolare se li avessi visto io su un bambino non mio, non potrei sorvolare neanche se fosse successo alla mia bambina che non ha alcuna disabilità. I bambini non si toccano, quelli che hanno già delle difficoltà meno degli altri. Le insegnanti della scuola dell’infanzia hanno un ruolo delicatissimo, sono fondamentali nella serenità dei nostri bambini. Le insegnanti di sostegno ancora di più. Possono fare la differenza. In un senso o nell’altro.
Se si potesse trovare un’altra insegnante per Giordano, farei di certo quanto in mio potere per reinserirlo poco a poco e aiutarlo a ritrovare a scuola la serenità che finora non gli era mai mancata. Se, invece, non si troverà soluzione alcuna, se non quella di mantenere lo stato attuale delle cose, mi vedrò costretta a togliere  Giordano da scuola, e tenerlo a casa, come sto facendo, oppure iscriverlo altrove sperando in una sorte più favorevole. Qualunque sia la decisione da prendere, volevo sottolineare che sarà a scapito del bambino, tutto quello che è successo è comunque a scapito del bambino, perché è lui che sta vivendo un malessere, sempre lui che sta perdendo tempo prezioso e sempre lui, nella malaugurata ipotesi di un cambio di istituto dovrà fare i conti con un ambiente totalmente nuovo.Giordano è aperto e disponibile, ma togliere un autistico dalle proprie conosciute abitudini vuol comunque dire creargli un trauma. Oltretutto toglierei lui da una situazione che l’ha accolto benissimo e in cui lui si è sempre trovato a suo agio totalmente, come anche la maestra di classe, che lo conosce dal primo anno potrà testimoniare. E’la prima volta che manifesta disagio. Io ho deciso di ascoltarlo.”
Ho tenuto il bimbo a casa due mese, perché venisse svolta l’indagine disciplinare mentre la maestra tranquillamente andava a scuola. E’ tornato in classe solo l’ultima settimana prima di Natale in occasione di una strategica malattia della maestra titolare. Ora questa persona torna a scuola il 7 gennaio. L’unica proposta del Dirigente dal 30 ottobre ad oggi è la promessa verbale che questa persona non starà mai da sola col mio bambino. Mi ci sono voluti due mesi per farlo tornare il bambino sereno che era, io ora devo trovargli una situazione alternativa, ma voglio gridare che NON E’ GIUSTO che gente così che non sa, non si prepara, alza voci e mani sia tutelata e noi no. Il lavoro al giorno d’oggi è un bene prezioso, va dato ai più meritevoli. NON E’ GIUSTO che questa persona abbia alzato le mani e ora continui ad andare a scuola fino a giugno PAGATA DA NOI perché io devo spostare il bambino per evitargli ulteriori traumi, lo devo spostare da una situazione in cui lui stava benissimo, per gli ultimi sei mesi dell’asilo. Lei si è presentata al colloquio per l’indagine disciplinare con un sindacalista e ha dichiarato che il suo strattonare e trascinare mio figlio di cinque anni non violento è stata un’azione di contenimento. E quindi va bene così, va bene che lei non sappia che fare, va bene che non si interessi, va bene che mio figlio stia male e regredisca, va bene che alzi la voce, va bene che alzi le mani, va bene che sia pagata per non lavorare fino a giugno, va bene che io lo debba ulteriormente traumatizzare per cambiare scuola, va bene che non avrà il sostegno, perché in teoria ce l’ha già, va bene che alla fine non ci potrà andare all’asilo e caricherò nuovamente di lavoro i miei genitori, va tutto bene. Cosa posso fare, cosa?se lei stessa ammette di non essere in grado, cosa serve ancora per rimuoverla dall’incarico, cosa?So che questa lettera non servirà a nulla, ma sono stanca che in questo Paese si debba sempre subire, stanca.

sabato 4 ottobre 2014

Oggi triste

Ieri, ennesima festa di compleanno di una compagnetta di Giordano. Io ci provo sempre. Li porto entrambi alle feste sui gonfiabili e a quelle in giardino, all'oratorio e in pizzeria. Pensando che se lui conosce molte situazioni, con altrettante imparerà a sentirsi a proprio agio. Forse sbaglio, ma finora ha funzionato.
Invece ieri, Isabel ha litigato un paio di volte col fratello novenne della festeggiata che le ha impedito di usare i suoi giochi, strattonandola fino a farla cadere e Giordano, forse stanco, era totalmente fuori controllo.
L'unica nota positiva, sono state le due-tre bambine che, nonostante tutto, lo cercavano per giocarci a "Ti prendo, ti prendo". Se non che, poco prima di andare via, siccome lui continuava a rispondere a modo suo ai loro inviti, una di queste mi dice:
"Ma lui è nato un po' scemotto così?" e io: "sì, tesoro, un po'".
Cominciamo. Tristezza infinita. Voler chiudere gli occhi, riaprirli e avere un bambino come tutti gli altri.
 E invece no.

giovedì 18 settembre 2014

L'impossibile richiede solo un po' più di tempo

Giordano da qualche giorno ha iniziato a individuare le forme che conosce nel mondo che lo circonda. "Oh, guarda, mamma, un triangolo" nei cartelli stradali oppure "Ecco un triangolo vuoto" intendendo la A maiuscola sulle targhe. Meraviglia. La lettura delle targhe è il nostro nuovo elettrizzante hobby. Ieri abbiamo lasciato Isabel un quarto d'ora in consegna alla mamma di una sua piccola amica e siamo volati in cerca delle papere sul fiume e a leggere le targhe di ogni auto posteggiata lungo la strada. Sì, perché da qualche tempo, la dolce ragazza che viene a fare terapia a Giordano nel pomeriggio, lo sta iniziando alla conoscenza dei numeri. Lui non li legge tutti, ma alcuni sì, con enorme soddisfazione. Sua e mia. E quindi ieri eravamo eccitatissimi, correvamo da una targa all'altra e cercavamo di leggerle. Io gli dicevo anche le lettere, piano piano. Confonde la E con il 3, che mi sembra abbastanza comune, no? 
L'educatrice voleva chiedere alla psicologa del centro dove Giordano è in terapia e con la quale sempre si coordina, se fosse il caso di iniziare o meno con lettere e numeri, ma io le ho detto che se lui si dimostra interessato e la segue, sicuramente non ci sono motivi per non farlo. E a lui piace.
Come sempre, questi piccoli passi mi riempiono di gioia e adrenalina. La frase che da titolo al post è copiata dallo status su whattsapp della ragazza che gli fa le terapie. A me piace pensarla così, piace credere che, magari, anche in questo campo, cancelleremo l'espressione condiscendente della psicologa che mi ha detto "Non si preoccupi, signora, imparerà un po' a scrivere, un po' a leggere, a far di conto, ma la sua disabilità resterà". Nessuno lo mette in dubbio, ma c'è ancora tanto tempo per credere, sperare e soprattutto lavorare con lui e su di lui. Le informazioni a lui arrivano per vie tortuose e sembra fare un'incredibile fatica a riordinarle, ma nessuno può dire con certezza che mai questi processi diventeranno un po' più scorrevoli e lineari.

L'amore esiste. A tutte le età

La mia piccola Isabel ieri mi ha chiesto all’improvviso, timidamente : Mamma, perché le spose si sposano? E io: Amore, perché vogliono bene ai loro mariti. E lei: Allora forse Tommaso (suo compagno di classe preferito) mi fa la sposa.
E ancora Isabel: Mamma, Tommaso mi da sempre baci. Poi la sera, abbiamo lavato i capelli e, nel tentativo di essere già in vantaggio per il giorno seguente, quando erano ancora umidi e profumati, glieli ho intrecciati. A lavoro ultimato, l’ho abbracciata stretta e le ho detto che era bellissima. E lei: Pensa quando mi vede domani Tommaso all’asilo! Con un sorriso pieno di gioia.
Io ho mandato un messaggio alla mamma di Tommaso immediatamente, per condividere la tenerezza, il pudore eppure la voglia di piacere a chi le piace, scherzandoci, perché poco più di trent’anni sono pochi per fare le consuocere. E la meraviglia di scoprire che anche lui, non più di due settimane fa, l’ha intravista nella piazzetta in cui giocano, si è emozionato e, anche se di solito non parla delle “femmine”, ha chiesto alla sua mamma se avrebbe potuto invitare Isabel alla sua festa di compleanno. Tra sei mesi.

L’amore esiste, a qualunque età, e sono felice che il primo batticuore della mia bimba dolce sia ricambiato.

martedì 9 settembre 2014

buon viaggio, ovunque tu sia andato

la morte mi chiama sempre a riflettere
soprattutto quando capita all'improvviso, nel sonno, magari, un lunedì mattina, a un uomo relativamente giovane, di base sano
una volta avrei pianto, perchè, come ho scritto nell'introduzione, il mio percorso verso la fede è pieno di ostacoli e non mi spiego. perchè stiamo qui e poi, a un tratto, chiudiamo gli occhi e non ci siamo più. puf. finito tutto. lasciamo orfani coloro che ci hanno amato. molto spesso senza nemmeno poterli salutare. come lui. che ieri mattina non si è svegliato. semplicemente. ci vediamo in un'altra dimensione. oppure no, non ci vediamo prorpio più e tutto ciò che sono stato, tutto ciò che ho dato e preso da oggi non esistono più. mia madre mi ha dato informazioni tipo il funerale è venerdì, lo seppelliscono in quel cimitero, lo cremano
e io pensavo solo che voglio portare i miei genitori a New York, gliel'ho promesso tanto tempo fa, ho chiamato mio fratello e gli ho chiesto di passare con loro quel weekend a Londra di cui anche lui parla da un po'. non è che fare viaggi sia la soluzione, il punto è che dobbiamo goderci le persone che amiamo sempre, però prendersi del tempo buono, con spazio per le chiacchere e le confidenze e le storie raccontate mille volte, ma magari dette davanti a una birra, in un posto che non c'entra nulla con noi, è più facile se si va in qualche luogo che non sia la casa di uno o dell'altro. ci si stacca dagli impegni, dalla tele, del telefono e ci si guarda negli occhi. l'ozio aiuta i rapporti, stritolati ogni giorno dal tempo che corre tra i mille impegni. anche a casa nostra è sempre stato così. da quando io e mio fratello siamo stati grandi, tipo io in età da patente e lui preadolescente, ogni volta che dovevamo parlare o decidere qualcosa, andavamo a mangiare una pizza la sera. ricordo di aver parlato più a lungo e più profondamente con il mio ex-marito durante un tragitto in macchina Venezia-Trieste (poco più di un'ora) che nel resto dell'anno.

la morte così improvvisa  di krstny Lubos mi fa venire voglia di dare un bacio a mio padre prima di venire al lavoro, di guardare mia mamma negli occhi e chiederle "Tu, come stai?" e voler sentire la risposta con tutta l'attenzione possibile. di soffocare di abbracci i miei bambini e ridere con loro più che posso. mi fa venire voglia di fare un'ora di strada stasera per abbracciare una persona di corsa e poi tornare a casa di fretta, che domani inizio a lavorare presto.
e lo so che sono luoghi comuni però la vita è ora. domani non si sa, e allora dovremmo veramente provare a fare quello che ci va, più che possiamo che poi magari è tardi

l'anno scorso a novembre, eravamo con lui e sua moglie e i figli e le nipoti e noi tutti a cena insieme. e la krstna parlava di qualcosa a proposito dell'anno prossimo, cioè quest'anno in corso e, sospirando, diceva "Sempre se ci saremo ancora". Io l'avevo preso per un senso di ineluttabilità, una nostalgia tipicamente dell'est, invece forse lei sentiva da lì a un anno non ci sarebbero stati più. non loro insieme.

buon viaggio, ovunque tu sia andato



martedì 19 agosto 2014

E' difficile. Alle volte

Oggi in uno dei gruppi Facebook di cui faccio parte, ho trovato questo link 

https://www.facebook.com/photo.php?v=1509680885932457&set=o.1501731266716288&type=2&theater


Il messaggio è che questo bambino, pur impegnandosi, non fa esattamente ciò che la mamma si aspetterebbe da lui. O meglio ciò che la mamma si aspetterebbe da un bambino non autistico. Riporto testuali parole del commento della persona che l'ha pubblicato: 

"conoscere l'autismo e avere rispetto della sua fragilità senza mai mortificarlo, né deriderlo, né rimproverarlo. Nessuno si sognerebbe di rimproverare una persona paraplegica per il fatto che non si mette in piedi. Eppure in autismo c'è che chi si arrabbia con questi soggetti quando non si comportano in modo normo tipico."

Ecco, io vorrei che questo commento diventasse il mio mantra con Giordano. 
Perché il più delle volte io ho ben chiaro in mente che lui vorrebbe potermi dire con chiarezza ciò che lo infastidisce o gli crea disagio invece di ripetere dieci volte "acqua, voglio l'acqua", che in passato invece si manifestava come  "cacca!!!!" e poi per un periodo è stato "pipììììììì!!!!" e quindi gli parlo con dolcezza, lo distraggo, cerco di fare in modo che mi dica o di capire io cosa lo turba, però delle volte esplodo. Perdo la pazienza. Vorrei solo che smettesse di ripetere cento volte la stessa frase, facesse quello che gli chiedo senza farmelo ripetere mille volte. Stamattina, ad esempio, gli devo aver chiesto dodici volte di abbassarsi i pantaloni e fare pipì. E lui mi guardava fisso davanti al water e non c'era modo che lo facesse. Allora io mi sono innervosita, ho alzato la voce, lui è scoppiato a piangere e. alla fine, eravamo mortificati entrambi: lui perché di certo si sentiva in difetto per non aver assolto alle mie aspettative, io perché certi giorni vorrei che fosse facile almeno qualcosa e difficilmente lo è. Lui poi piange con tutto quel suo corpicino minuto e io vorrei chiudere gli occhi e morire all'istante perché penso che non sarò mai abbastanza brava, paziente, amorevole per un bimbo come lui, che mi si affida totalmente al punto che fa la cacca solo con me, ultimamente, se il nonno gli propone di andare a fare un giro in bici, lui di che che deve venire anche la mamma. Caro, tesoro bello. Mi dispiace, ma sono umana. Penso che con il lavoro, la separazione in corso, lui e sua sorella non potrei dare più di quanto già do. Poi mi dico che sono solo scuse, che si può sempre dare di più. Soprattutto a loro, che sono la mia vita. Soprattutto a lui, che ne ha così tanto bisogno.

giovedì 7 agosto 2014

Vita

Oggi sono andata a portare Giordano da mia mamma, prima di andare al lavoro. Isabel è via col papà fino a domani, dalla zia, a portare la nonna perché la badante moldava va in ferie un mese ad agosto, quindi c'era solo lui. Il profilo Facebook di mia mamma era aperto e lì l'ho vista. Ho chiesto a mia mamma, già preoccupata perché avevo visto la sua testa senza capelli, "Mamma ma tu la conosci?". E lei: "Sì, amore, te ne ho parlato tanto. Tu, la conosci?". E allora viene fuori che l'infermiera malata di leucemia nel reparto dove la mia mamma fa la volontaria da tanti anni ha il viso di una persona che conosco. Che conoscevo tanto tempo fa. E mia mamma me ne ha davvero parlato. Tanto. Un ragazza coraggiosa, ammalatasi di leucemia a metà della sua seconda gravidanza. Un cesareo anzi tempo, la sua bambina che viene al mondo e la portano lontano, lontano da lei che ha una battaglia in corso, terapie durissime da affrontare, solo per restare qui, solo per sognare il momento in cui e potrà abbracciare la sua bambina nuova e quella che già conosce, coccolarle, stringerle come solo una mamma sa fare. Ho pianto. Perché non è giusto. Come si fa ad ammalarsi a trentacinque anni? Durante la gravidanza, che dovrebbe essere un momento bellissimo, radioso, colmo di aspettative? Un momento in cui ti senti la vita, il mondo in mano e pensi che tutto possa ancora succedere? Non si può. Le ho scritto immediatamente e ho condiviso con lei un ricordo dolce di noi ragazzine, fuori dalla palestra, che abbiamo frequentato insieme per una decina d'anni. Danza moderna. Per me l'adolescenza è stato un momento difficile, complicato, in cui faticavo a stare bene o trovarmi a mio a agio in qualsiasi situazione, ero sempre fuori luogo, sensazione in realtà mai del tutto superata. Ecco, io ho vivida un immagine del suo volto sorridente e paffuto, che si mostra tra le onde dei suoi capelli lunghissimi e mi dice: "Devi stare serena, Emma, sei una bella ragazza, intelligente, simpatica, sei sempre vestita bene, non ti manca nulla. Sorridi". Non mi sentivo così e mi aveva stupito che una persona estranea alla mia famiglia mi dicesse queste cose, mi vedesse così. Con un sorriso rassicurante, lei era già solida, equilibrata allora, al contrario di me, che non lo sono stata mai.
Mi auguro che questa forza le permetta di continuare la sua guerra contro il male che la logora da dentro, al solo fine di ottenere momenti di vita che per altri sono scontati, fuori discussione. Come svegliarsi al mattino e abbracciare suo marito e le sue bimbe.
E' una vita difficile, sì. E' semplicemente vita. Sì. E spesso le cose non vanno come dovrebbero. Ancora sì.
Allora mi guardo indietro, al mio matrimonio sbagliato, al mio lavoro perduto, al mio bimbo diverso. E penso che anche questa è semplicemente vita. La mia. Che se fossi chiamata a morire domani, avrei comunque vissuto intensamente. Avrei provato la gioia di pensare di condividere ogni mio giorno con un uomo che mi ami, anche se poi non ci siamo trovati d'accordo sulle modalità per proseguire il cammino; mi sono rimessa alla prova con lavori diversi da quello che conoscevo e in fondo amavo, ho conosciuto altri posti e nuove persone e sto condividendo un pezzetto di strada con loro, ogni giorno; ho avuto per due volte la gioia di stringere tra le braccia i figli di un amore in cui ho creduto con ogni mia forza; e il mio bambino bello sempre più riesce a comunicarmi ciò che sente, ciò che vuole, ha desideri da realizzare, desideri,  i nostri mondi si avvicinano piano.
Penso anche fintantoché mi sveglio ogni mattina, a questa vita sono chiamata e devo proseguire lungo il sentiero. Continuare a rimpiangere un passato che non esiste più, è schivare la vita di oggi, non viverla a mille, intensamente come ero abituata a fare prima. Prima dei giorni della rabbia. Invece devo provarci. Perché i miei giorni potrebbero anche essere pochi e davvero l'unica cosa che resta di noi è ciò che abbiamo dato. Agli altri. Alla vita. A noi stessi.

venerdì 27 giugno 2014

L'ultimo giorno di scuola

Oggi è l’ultimo giorno di scuola dell’infanzia, anche per quest’anno.
Io sono al lavoro e ho guidato tutti i quindici minuti kilometri che mi portano qui piangendo irrefrenabilmente. Avrei tanto voluto salutare Giulia, la maestra di sostegno di Giordano che, come ho detto è bravissima. Ieri lui ha portato a casa un quadernone gigante, i suoi lavori di quest’ anno. Anche Isabel ha ricevuto una busta di cartone piena di disegni, filastrocche, lavori con le mani, con diversi materiali, che mi ha mostrato uno per uno, cinguettando allegramente. Ed è stata una gioia. A Giordano, invece, rivedere i suoi lavori, a parte il fatto che si è stancato forse dopo i primi cinque, ha fatto l’effetto di fargli venire una voglia irresistibile di disegnare, continuava a chiedere i colori. A me ha fatto venire voglia di piangere. Perché ho visto quanta pazienza, quanto lavoro, quanto amore e desiderio di vederlo crescere e migliorare da parte della sua insegnante ci fossero dentro ad ogni foglio, dentro ad ogni quadrato giallo e rettangolo verde, dentro i pallini tanti, oppure pochi, dentro le linee del pregrafismo,….
E ho pianto. Perché l’amore commuove. Sempre.
E all’amore, purtroppo non siamo più abituati. Amore per ciò che si fa, per l’impegno che si prende, amore per un bambino che non è il tuo, che è stato tuo alunno solo per un anno, eppure a cui sei riuscita a trasmettere tantissimo.  Dare a prescindere, non importa cosa avrai indietro. E poi indietro torna sempre molto.
Un paio di anni fa, ho fatto un esame di Stato per accedere all’abilitazione all’insegnamento. Eravamo in una nuova sede dell’Università di Venezia, moderna, bella, affacciata sulla laguna verso la terraferma. Era il test preliminare di spagnolo, eravamo circa trecentocinquanta, da ogni regione. Io, come sempre, stavo sulle mie, in un angolino, speravo di restare concentrata, nonostante la confusione. Ad un certo punto, una voce ha attratto la mia attenzione; mi sono rivolta in quella direzione. Era un ragazzo sotto i trent’anni, brutto, grasso, poco curato nell’abbigliamento così come nei modi e stava dicendo, davanti ad un piccolo cerchio di ascoltatrici: - Mo’ sapete che faccio? Se non passo NEANCHE questo, vado a fa’ er sostegno!

Io avevo da pochissimo saputo che Giordano avrebbe avuto bisogno dell’insegnante di sostegno già dal primo anno di scuola dell’infanzia e a sentirlo parlare così, sono esplosa e gli ho detto: - Il mio bambino ha tre anni e ha già bisogno del sostegno. E io sono spaventatissima all’idea che ci sia gente come te che lo fa!
Mi ha guardata con odio. Io cerco di non avere pregiudizi nei confronti di nessuno, ma ognuno porta ciò che è in ogni cosa faccia, lavoro compreso. E oltretutto ritengo che ad alcune professioni quali il medico, l’infermiere, il sacerdote e l’insegnante dovrebbero dedicarsi soltanto persone munite di una qualche vocazione, che abbiano sentito una chiamata verso il prossimo. Perché sono le professioni che più arrivano vicine all’anima delle persone, e quindi quelle che più possono essere utili o nuocere irrimediabilmente. Non, se non passo NEANCHE questo, vado a fa’ er sostegno, capito? Se non passi NEANCHE questo, vai a scaricare bancali in un magazzino, vai a lavorare in campagna col trattore, vai in fabbrica a infilare microchip da qualche parte, no a contatto con le persone, capito?
Per la cronaca, non è OVVIAMENTE passato. E spero non sia OVVIAMENTE neanche riuscito a entrare per fare l’abilitazione al sostegno.
Divagazione chiusa. C’è una delle maestre di Giordano, che non sa se torna a settembre nella nostra scuola. Nel salutarmi questa mattina, mi ha abbracciata e mi ha detto “In bocca al lupo” e io a lei “Crepi, anche a lei”, e lei “Perché io la penso tanto, sa? Penso tanto a lei e al suo bambino, forza”. Ecco, io penso di essere strana, perché uno di solito piange per le cose brutte, invece io mi commuovo ormai solo per le cose belle, mi toccano solo quelle, quasi che a quelle brutte io fossi ormai abituata. Ecco, non so se leggerete mai, ma volevo, anche se l’ho già fatto a voce, ringraziarvi per il vostro lavoro, per la vostra presenza, per il vostro supporto, per aver accettato, aiutato e amato Giordano, pur nella sua differenza.


martedì 24 giugno 2014

Tuffi


Oggi vorrei postare solo un video di ieri, dei tuffi dei miei bambini in piscina, dell’eco delle loro risate, dei loro occhi belli pieni di sole. E’ tanto che non scrivo. E non perché non ci siano i progressi. O le lacrime. Ci sono, entrambi. Vorrei che ci fossero meno giorni di rabbia. Pensavo che scrivere su questo blog sarebbe servito a convogliarla, a darle una direzione in cui non potesse fare danni. Inoltre, per una felice congiunzione astrale, sto andando a correre quasi tutti i giorni e speravo che anche questo potesse contribuire a scaricare le frustrazioni, espellere quintali di tossine e tornare a sorridere. Invece mi rendo conto che sorrido solo nel loro abbraccio, ormai solo in quello trovo conforto alla mia vita sbagliata. E ciò che in questa vita mi tiene è la paura che la stessa vita possa far loro del male, se non ci sarò io con il mio scudo e la mia lancia a difenderli.

Non c’è nulla di nuovo, solo tanta solitudine, tante difficoltà, e a volte mi sembra di non poter trovare la presa per ricaricarmi di energie.

Giordano ha imparato ad andare in bicicletta con le rotelline. E va da solo, tranquillo, la cosa incredibile è che è  lui stesso a chiederlo adesso, a me, ai nonni e so che questa vittoria è frutto solo della pazienza di mio padre. E so che è molto più di un bambino che impara a pedalare, nel nostro caso. E’ la risposta alla sua psicologa, che quando le avevo detto che non vedevo l’ora che imparasse ad andare anche lui in bici, mi ha sorriso con condiscendenza e mi ha suggerito di informarmi sull’acquisto di una di quelle biciclette per disabili grandi, dove siedi il bimbo o il ragazzo davanti, abbracciandolo, pedali e muovi tu il manubrio. Ecco. Io non capisco il perché bisogna sempre scoraggiare. Per prevenire le delusioni? Per sadismo? Per cosa? Io ho sempre voluto che mi offrissero gli strumenti per aiutare mio figlio, non volevo un elenco delle cose che non avrebbe potuto fare mai. Io ho occhi per vedere. Cuore per sentire. E possiedo anche, nonostante mi sia stato ripetuto mille e mille volte di no da chi aveva promesso di amarmi e rispettarmi per tutta la vita, una testa che funziona. Non ho trovato terapisti ABA nella mia zona. Voglio fare un corso ABA io. E intanto mi scarico e stampo una guida sulla terapia che ho trovato in un sito. Il corso si tiene a Roma, a fine luglio, volevo già iscrivermi, ma al lavoro devo implorare per i giorni e allora se me li daranno, porterò i miei amori al mare e farò il prossimo corso,appena ci sarà l’opportunità.



domenica 25 maggio 2014

Grazie

Nel post precedente, dato che era già abbastanza complicato e, rileggendolo, mi rendo conto che dovrò sistemarlo un po’ perché, in effetti, credo non si capisca un granché, ho scritto un’imprecisione: che la maestra di mio figlio mi ha parlato del suo trasferimento giovedì. Non è vero. Lei l’ha saputo giovedì, ma poi non ci siamo incontrate fino al successivo lunedì, quando, con gli occhi pieni di lacrime, mi ha chiesto se poteva parlarmi un attimo. Lunedì è per fortuna il mio unico giorno libero, sarà un mese e mezzo almeno che dichiaro che se sarà bel tempo, tengo i bimbi a casa da scuola e li porto al mare. Poi piove sempre per cui li porto per le solite quattro ore all’asilo e io mi dedico a tutto ciò che non riesco a portare a termine durante le settimane, bollette, pulizie, spesa, cucinare qualcosa in anticipo,…..Quindi ho avuto un po’ di tempo per parlare con lei con calma. Ed è stata una carezza.
Lei era molto dispiaciuta, penso perché si è affezionata a Giordano, in primo luogo, perché è consapevole di stare facendo un ottimo lavoro e quindi voleva restare, per dare una continuità, uno sviluppo armonioso al loro comune progetto, per lei e per lui. E invece non si può, per i punti, per una persona qualsiasi che ha deciso che l’anno prossimo vuole andare a insegnare nella scuola di mio figlio, proprio a mio figlio. E poi tutti a dirmi che la scuola privata non va bene per lui. Forse. Ma alla scuola privata, questo non sarebbe MAI successo.
Mentre chiacchieravamo, le ho riferito del mio colloquio col dirigente scolastico e, riflettevo con lei, sul fatto che, anche se gli togliessero delle ore settimanali, frequentando lui la scuola solo fino a dopo il pranzo, e andando al centro per l’autismo una mattina a settimana, bastano quindici ore o appena di più per coprire tutto. Lei mi ha domandato se, quindi, anche per l’anno prossimo, io non prevedessi per Giordano il tempo lungo. E abbiamo spalancato la consueta diatriba che, però, in questo caso, ha riservato delle sorprese. Le ho detto qualcosa tipo: non capisco perché insistano tanto con questo tempo lungo, ma perché lo devo parcheggiare all’asilo fino alle quattro se questo è già stancante per dei bambini normali? Perché? Tutti insistono che è per me, per gestire la mia stanchezza, per organizzare meglio il mio tempo, il mio lavoro. Ma cosa importa?! La priorità, per me, non è gestire meglio il mio tempo, o avere dei momenti per me, la mia priorità è che Giordano sia seguito, che Giordano migliori, che Giordano cresca bene, felice. E a lui concentrarsi costa più fatica, con la sua insegnante, lavora in proporzione più degli altri bimbi e allora cosa c’è di sbagliato nell’andare a prenderlo dopo pranzo? Cosa? Così passa la mattina a fare attività, mangia in compagnia dei bimbi, poi ha una mezz’oretta per sfogarsi in giardino e, ultimamente, sono felice perché spesso lo trovo sotto il canestro che fa tiri con qualche amichetto. Che male c’è, se poi lo vado a prendere io? O i nonni? O il papà? O la baby-sitter? Giordano non viene mai depositato davanti a uno schermo a guardare i cartoni animati per ore; due volte alla settimana ha l‘educatrice che viene a fare la terapia con lui, proponendogli i giochi che fanno anche al centro; anche io ho preparato una serie di giochi simili, che facciamo alternandoci con Isabel, certi pomeriggi in cui sono a casa; il papà li porta al parco e in bicicletta, il nonno gli sta insegnando a andare sulla “biciclettina”, come dice lui, la nonna lo porta a passeggiare “sui sassolini”, una strada sterrata di campagna, noi andiamo alle feste, delle volte prendiamo il treno o l’autobus e andiamo a Venezia, o a Treviso, o in biblioteca/ludoteca a leggere e giocare, al parco giochi. Appena verrà bello, andremo in piscina, che me lo stanno chiedendo da un po’, o al mare, se il lunedì smette di piovereJ Amo fare delle cose con loro, perché ora che sono un po’ più grandi, apprezzano, sono entusiasti, si godono tutte le novità. Anche Giordano è felice, anziché trovarsi in difficoltà di fronte a un’esperienza nuova, come sarebbe capitato tempo fa, e penso che questo progresso, al di là della sua maturazione personale, sia dovuto in parte anche al fatto che non ci siamo rinchiusi, che siamo andati in giro, anche quando era difficile, quando lui era oppositivo, quando piangeva sempre ed era una sofferenza fare qualsiasi cosa. A questo punto, la sua insegnante mi guardava con gli occhi spalancati e mi ha poi detto che era la prima volta che le succedeva,c he di solito i genitori ei bimbi con difficoltà li portano all’asilo anche solo per le ore pomeridiane, dopo che magari hanno passato la mattina in un centro specifico. Mi ha riferito che l’anno scorso le capitava ben tre volte alla settimana che un bambino arrivasse a scuola dopo pranzo per poi restare fino alle quattro, e che per lei era più un lavoro di babysitter che uno da insegnate perché il tato era così stanco che non si poteva far altro che coccolarlo. Ecco, io mi chiedo: “Ma come si fa?”. Intendiamoci, farebbe comodo anche a me che loro rimanessero a scuola fino al pomeriggio, avrei un minimo più di tempo per me, sarei più tonica, riposata, avrei la casa più in ordine, avrei più tempo per la vita sociale, per scrivere, leggere…..
Però penso anche che i figli uno non li faccia per questo, penso che loro siano la priorità, soprattutto quando hanno più difficoltà degli altri. Finito il mio discorso, la maestra mi ha guardata e ha commentato: “Sono felice di sapere che esistono anche queste realtà, non mi è mai successo prima, ma è bello”.
Questa è stata una delle mie carezze, questa settimana, perché il mio modo di essere madre è l’unico che io conosca, l’unico possibile per me e mi sembra strano che venga considerato anomalo. E non mi interessa neanche, io voglio poter fare quello che sento. Perché è il mio bambino, il mio amore. Non ho la presunzione di sapere sempre cosa è meglio per lui, però in questo caso sì. Pienamente appoggiata dalla sua insegnante. Grazie, Giulia.